mercoledì 27 giugno 2007
La bustina di zucchero e il tovagliolo - 2
Delusa, lo guardo interrogativa.
Lo ascolto mentre mi dice che tutto ciò non ha nulla a che vedere con il diventare adulti e mi spiega come stare a Barcellona alcuni giorni lo fa tornare quattordicenne.
Osservo il suo viso, cerco di leggere questo sorriso enigmatico, mi sforzo di trovare qualche particolare che lo faccia sembrare meno perfetto e meno sincero; qualche traccia che mi faccia riconoscere un luogo comune qualsiasi di questo genere di incontri.
Invece nulla. Non sento alcun imbarazzo davanti a questo sconosciuto nonostante parli una lingua diversa dalla mia, nonostante stia discutendo di senso della vita e di identità come se fosse la cosa più semplice di questo mondo, come lo zucchero e il tovagliolo sul tavolo.
Non ho mai sentito nessuno darmi dell’egoista in un modo così elegante: “focalizzata su te stessa”.
“Credo che sia importante avere dei momenti in cui ci si possa sentire bustina di zucchero... essere sufficientemente egoisti e togliersi di dosso il tovagliolo... e far capire a chi ci sta vicino che, anche senza il tovagliolo, siamo sempre noi... secondo me, Settembre, tu sei abbastanza focalizzata su te stessa”.
Lo guardo in silenzio, incuriosita.
Continua: “Hai mai affrontato questo discorso con la persona che ami?”
“Non in inglese...”
“Beh, un modo sottile per dire fatti gli affari tuoi!”
“Ti sbagli! Sto solo dicendo che ogni conversazione è unica come sono uniche le persone con cui parli. Vedi, parlare con le persone mi fa scoprire sempre un modo diverso per esprimere quello che penso... È come trovare una parte di me negli altri e avere uno specchio davanti... per esempio con le tue parole stai dando una nuova voce ai miei pensieri... quando succede lo trovo miracoloso, un po' come innamorarsi”.
Ride “Mi stai dicendo che sei innamorata di me?”
“Qui e ora... beh sì! Ricorderò questo momento come la sera in cui ti ho amato per alcune ore. Domani sarà tutto finito. Domani si lavora!”
Ride forte “Dai, ti accompagno all'auto.”
Prima di alzarmi dal tavolo sollevo piccata il tovagliolo dalla bustina di zucchero, lo getto sul tavolo e, con estrema cura, gli appoggio sopra la bustina.
Leggi La bustina di zucchero e il tovagliolo - 1
martedì 26 giugno 2007
Equilibrio
Cosa significa danzare?
Danzare vuol dire muoversi a tempo di musica.
Per danzare, quindi, è importante sentire il ritmo e coordinare i movimenti del proprio corpo.
Per danzare è necessario trovare l’equilibrio.
Il punto di equilibrio può cambiare a seconda del ballo: può essere quello conquistato delle punte di gesso della danza classica o quello gridato dalle scarpe pesanti che seguono i ritmi della strada; quello mediato delle scarpette dei balli di coppia o quello ritrovato dei piedi nudi delle danze orientali.
Per quel che mi riguarda ho scelto l’ultimo.
Poco tempo fa la mia insegnante di danza del ventre mi ha raccontato la storia di una sua allieva. Ho subito pensato che questa storia rappresentasse, nella sua semplicità, una formidabile metafora della vita.
Questa ragazza aveva cominciato a frequentare un corso di danza del ventre dopo aver ballato il tango per anni. Aveva appena cominciato le lezioni e si accorse subito che non riusciva a mantenere l’equilibrio. Esiste una regola fondamentale nel tango: l’uomo conduce, la donna segue. La ballerina danza appoggiandosi al compagno in una posizione asimmetrica e sbilanciata e, in questa posizione, segue il compagno che la “porta” nel ballo.
Così, quando per la ragazza è arrivato il momento di danzare da sola, di sentire il proprio peso sui suoi soli piedi e di percepirne gli spostamenti, semplicemente le succedeva di perdere l’equilibrio.
Non so se abbia proseguito le sue lezioni di danza del ventre o se abbia abbandonato, ma quello che ho visto in questa storia è un’immagine potentissima della vita al femminile.
Personalmente sento nella danza orientale la forza e la ricchezza di una femminilità nascosta alle donne per prime. Non credo sia sempre stato così. Credo piuttosto che le donne abbiano perso parte di sé inseguendo il miraggio di voler essere uguali agli uomini e in questa corsa verso un'immagine maschile abbiamo rinunciato a una femminilità che non si conformava con quello che stavano perseguendo. La questione è che le donne non sono e non potranno mai essere uguali agli uomini. Una volta che ci si rende conto di questo credo sia importante, allora, cominciare a cercare un nuovo equilibrio che si fondi questa volta sull'essere donna.
È incredibile di quanti muscoli nuovi scopro l’esistenza ogni volta che ballo e mi piace pensare, in questo modo, di star conquistando un po’ di consapevolezza in più.
Con la danza intraprendo uno dei tanti viaggi dentro di me.
Forse è questa una strada, ritrovare un po' di sè sentendosi in equilibrio sui propri piedi nudi.
C'è un bel posto a Bologna dove si dibatte lungamente su questi temi è la Libreria delle donne
mercoledì 13 giugno 2007
La bustina dello zucchero e il tovagliolo - 1
I due sconosciuti sono seduti al tavolo di un ristorante, sono un uomo inglese e una giovane donna italiana.
Si sono incontrati per la prima volta quel pomeriggio. Per alcuni giorni si troveranno a lavorare insieme e questa cena è una buona occasione per intuire se il tempo che trascorreranno gomito a gomito durante le prossime giornate potrà essere tollerabile per entrambi.
Il tovagliolo è lì, avvoltolato disordinatamente al centro della tavola e i due lo studiano e lo indicano con interesse quasi scientifico. Quell'oggetto insignificante è diventato l'argomento della loro conversazione, ne è parte integrante quasi fosse la terza persona seduta al tavolo. È evidente che in quel pezzo di stoffa giallo ci vedono un significato che le altre persone sedute in sala non possono cogliere.
La conversazione sul tovagliolo sembra assorbirli totalmente perché parlano fitto e animatamente, come se si conoscessero da tempo.
L'uomo solleva il tovagliolo scoprendo una bustina di zucchero poi, lo riprende in mano, lo stropiccia energicamente e lo lancia di nuovo sulla bustina.
Lei lo ascolta interessata. “Vedi, la bustina sei tu, e il tovagliolo è tutto il resto, la vita di tutti i giorni con tutto quello che si porta dietro, lo schifo, la noia... ma una volta tolto questo” e solleva il tovagliolo con aria concentrata “ci sei sempre tu, quello vero”.
La ragazza alza gli occhi dal tovagliolo e li pianta in quelli dell'uomo di fronte, sorride amara mentre torna a guardare gli oggetti disordinati sul tavolo “L'importante è non lasciarlo morire sotto tutto lo schifo...capisco quello che vuoi dire, ma fatico ad accettare che la bustina debba stare nascosta sotto al tovagliolo...”
“Vedi anche il tovagliolo è parte di te, come la bustina, però c'è anche il resto insieme al tovagliolo, anche quello che non è te. Puoi rinunciarci ma devi essere ben consapevole di quello che perdi. Puoi cercare di lasciare più spazio alla bustina ma il tovagliolo ci sarà sempre perché anche lui, ti piaccia o no, è parte di te e quella parte di te cercherà sempre ciò che il tovagliolo rappresenta.”
“Già, e poi in quanti sopporterebbero la vista di una piccola bustina di zucchero quando tutto intorno è pieno di enormi e pesanti tovaglioli? Non credi che la coprirebbero subito con un tovagliolo nuovo di zecca?”
“Credo di sì. Quello che voglio dire è che siamo più cose eppure, alla fine, siamo sempre noi.”
“Certo! È molto affascinante ciò che stai dicendo. Quello a cui voglio arrivare è capire come si può essere tutto quello che siamo senza soffrire troppo delle tante differenze all'interno di noi stessi, mi capisci? Se siamo tutte queste cose così diverse, vorrei trovare un modo per metterle insieme, per cercare di distinguere quello che è veramente me e quello che, invece, mi è caduto addosso. Voglio capire se è possibile alleggerire il peso del tovagliolo. Vedi, a volte tento di incastrare i diversi pezzi ma non restano uniti, è come un puzzle tagliato male... io... io credo che tu capisca quello che sto cercando di dire.”
L'inglese la guarda e sogghigna fra sè scuotendo la testa “Sì, capisco", poi, guarda con attenzione il vino bianco nel calice. Ne beve un sorso e, come rianimato, torna a guardarla sorridendo gioviale.
"Allora, qualche conclusione?”
“Non lo so, forse è solo una questione di equilibrio, forse è solo questione di crescere.”
“No, non è questo. Per carità, non crescere mai, Settembre”
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