mercoledì 13 giugno 2007
La bustina dello zucchero e il tovagliolo - 1
I due sconosciuti sono seduti al tavolo di un ristorante, sono un uomo inglese e una giovane donna italiana.
Si sono incontrati per la prima volta quel pomeriggio. Per alcuni giorni si troveranno a lavorare insieme e questa cena è una buona occasione per intuire se il tempo che trascorreranno gomito a gomito durante le prossime giornate potrà essere tollerabile per entrambi.
Il tovagliolo è lì, avvoltolato disordinatamente al centro della tavola e i due lo studiano e lo indicano con interesse quasi scientifico. Quell'oggetto insignificante è diventato l'argomento della loro conversazione, ne è parte integrante quasi fosse la terza persona seduta al tavolo. È evidente che in quel pezzo di stoffa giallo ci vedono un significato che le altre persone sedute in sala non possono cogliere.
La conversazione sul tovagliolo sembra assorbirli totalmente perché parlano fitto e animatamente, come se si conoscessero da tempo.
L'uomo solleva il tovagliolo scoprendo una bustina di zucchero poi, lo riprende in mano, lo stropiccia energicamente e lo lancia di nuovo sulla bustina.
Lei lo ascolta interessata. “Vedi, la bustina sei tu, e il tovagliolo è tutto il resto, la vita di tutti i giorni con tutto quello che si porta dietro, lo schifo, la noia... ma una volta tolto questo” e solleva il tovagliolo con aria concentrata “ci sei sempre tu, quello vero”.
La ragazza alza gli occhi dal tovagliolo e li pianta in quelli dell'uomo di fronte, sorride amara mentre torna a guardare gli oggetti disordinati sul tavolo “L'importante è non lasciarlo morire sotto tutto lo schifo...capisco quello che vuoi dire, ma fatico ad accettare che la bustina debba stare nascosta sotto al tovagliolo...”
“Vedi anche il tovagliolo è parte di te, come la bustina, però c'è anche il resto insieme al tovagliolo, anche quello che non è te. Puoi rinunciarci ma devi essere ben consapevole di quello che perdi. Puoi cercare di lasciare più spazio alla bustina ma il tovagliolo ci sarà sempre perché anche lui, ti piaccia o no, è parte di te e quella parte di te cercherà sempre ciò che il tovagliolo rappresenta.”
“Già, e poi in quanti sopporterebbero la vista di una piccola bustina di zucchero quando tutto intorno è pieno di enormi e pesanti tovaglioli? Non credi che la coprirebbero subito con un tovagliolo nuovo di zecca?”
“Credo di sì. Quello che voglio dire è che siamo più cose eppure, alla fine, siamo sempre noi.”
“Certo! È molto affascinante ciò che stai dicendo. Quello a cui voglio arrivare è capire come si può essere tutto quello che siamo senza soffrire troppo delle tante differenze all'interno di noi stessi, mi capisci? Se siamo tutte queste cose così diverse, vorrei trovare un modo per metterle insieme, per cercare di distinguere quello che è veramente me e quello che, invece, mi è caduto addosso. Voglio capire se è possibile alleggerire il peso del tovagliolo. Vedi, a volte tento di incastrare i diversi pezzi ma non restano uniti, è come un puzzle tagliato male... io... io credo che tu capisca quello che sto cercando di dire.”
L'inglese la guarda e sogghigna fra sè scuotendo la testa “Sì, capisco", poi, guarda con attenzione il vino bianco nel calice. Ne beve un sorso e, come rianimato, torna a guardarla sorridendo gioviale.
"Allora, qualche conclusione?”
“Non lo so, forse è solo una questione di equilibrio, forse è solo questione di crescere.”
“No, non è questo. Per carità, non crescere mai, Settembre”
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